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Inchieste Ufologiche

Da WikiUFO.

Indice

Definizione di inchiesta ufologica

L'inchiesta ufologica è costituita da un insieme di processi il cui scopo è la raccolta organizzata ed altamente consapevole del contenuto delle testimonianze ufologiche, ossia di quanto ogni giorno, in forme diverse, giunge a conoscenza dei singoli ufologi, delle loro associazioni e di istituzioni pubbliche e private circa avvistamenti di presunti fenomeni UFO. La concezione tradizionale, prevalente nell'approccio ufologico razionale, pone al culmine dell'inchiesta l'intervista al testimone, da effettuarsi in modo accurato e secondo dinamiche precise da colui che assume la veste specifica di "inquirente".


In questa pagina si farà largo ricorso all'impostazione presente nel "Manuale di metologia d'indagine ufologica" del Centro Italiano Studi Ufologici (CISU).


Introduzione

Ascoltare in maniera produttiva una persona che pensa di aver visto un UFO non è per niente facile o intuitivo come si potrebbe sospettare. La cattiva qualità dei dati è un problema gravissimo per l’ufologia razionale. Se non si pone rimedio a questo limite, gli sforzi dell’inquirente potrebbero essere del tutto vanificati.

Il buon senso è una parte importante di tutta l’ufologia, ma esso non è sufficiente. Non deve sorprendere che per compiere delle indagini serie sugli avvistamenti di presunti UFO siano stati prodotti tanti articoli, manuali e tipi diversi di procedure. Non va mai dimenticato che la produzione di dati significativi ed il meno soggettivi possibile sulle osservazioni è un compito fondamentale dell’ufologo di orientamento scientifico. Senza la produzione ed il successivo studio di dati di questo tipo qualsiasi speculazione, in qualsiasi senso vada, è prematura.

Il carattere dell’ufologia scientifica è di tipo empirico. I suoi seguaci devono andare dove i dati li conducono, ed è proprio per questo che si tratta di una disciplina “assetata” di dati.

Per dare un contributo importante allo studio dei fenomeni UFO è plausibile che la cosa migliore consista ne darsi da fare per diventare degli investigatori della casistica.

Come molte altre cose della vita, nemmeno questa si improvvisa. Non solo ci sono delle procedure, un modo per trasformare alcune impressioni soggettive in dati quantitativi e delle possibili misurazioni da fare, ma occorre avere sul serio la volontà di tentare un’inchiesta. I dati statistici di cui si dispone dicono che basta  guardarsi intorno, dirlo ad alta voce, e nell’ambito di conoscenze o di parentele si troverà qualcuno che crede di aver scorto qualcosa di strano in cielo. Se si vuole cominciare a familiarizzare con i problemi che l’ufologia presenta, si provi a farsi narrare la sua vicenda.

Si consiglia tuttavia di farlo soltanto dopo aver letto le indicazioni di questa pagine, utili per non cadere in una serie di tranelli anche insospettati. I consigli qui presentati non sono il meglio in assoluto che si possa concepire: sono migliorabili e presentano dei difetti. Ma servono a molto.

Prima di passare a spiegare in dettaglio come indagare occorre avere presente che un caso ufologico può considerarsi composto di diversi pezzi che, in linea generale, si succedono l'uno all'altro.

Prima c’è l’avvistamento. Il testimone o i testimoni constatano, di solito con la vista, un fenomeno aereo dei quali non riconoscono le cause. Se questa esperienza non resta del tutto personale ed in qualche forma è passata ad altri, si ha la seconda fase.

Essa è costituita dal racconto. Quando questo racconto si diffonde e giunge ad altri – nel caso specifico a degli ufologi che su di esso vogliono indagare, si giunge alla terza fase, ossia alla stesura di una relazione d’indagine. E’ questa la fase del rapporto d'indagine.

Come si vede, in questo schema NON è previsto che si studi in modo diretto l’UFO o presunto tale.

La ricerca della causa dell’avvistamento verte sullo studio e sulla valutazione dei dati che si possono evincere dal rapporto conseguente ad un’indagine.

Insomma, gli stimoli o le cause che generano l’avvistamento “se ne vanno” e lo studioso deve confrontarsi con il testimone, anche se a volte supportato da elementi che dovrebbero corroborarne il racconto (fotografie, tracce, residui, filmati, rilevazioni varie).

Alla linearità di questo schema si è offerta come complementare l’ufologia strumentale, che presenta promesse e limiti. Ora bisogna invece ricordare quali modificazioni inevitabili si introducono ogni volta che si passa da una fase all’altra del caso (avvistamento - racconto - rapporto) ed anche all’interno di ogni singola fase.


Problemi generali

Una volta che lo stimolo si è reso visibile ad un testimone – sia che esso sia di tipo convenzionale non riconosciuto, sia che possa davvero essere qualcosa di “strano” – si innescano dei cambiamenti che dipendono da tre gruppi principali di motivi: lo stimolo stesso, l’ambiente e le caratteristiche della percezione umana.

E’ scontato che, almeno in una certa misura, fattori come la presenza della luce solare, il buio o le condizioni di illuminazione del crepuscolo e dell’alba, il modo con cui la luce si riflette su un corpo, la trasparenza dell’atmosfera, la distanza e le dimensioni con le quali lo stimolo ci appare, il tempo per il quale è stato possibile osservarlo facciano sì che questo stimolo e quanto noi osserviamo non siano coincidenti.

Questi cambiamenti sono subito accompagnati – e poi seguiti – da cause propriamente psicologiche. I ricordi vengono elaborati, immagazzinati e poi ricordati ed estratti in modi molto complicati ed ancora non del tutto compresi. Alla fine, in sostanza, debbono essere narrati con delle parole o con degli scritti e dei disegni all’inquirente, magari dopo un periodo assai lungo dall’accaduto.

Dato che le persone non vivono nel vuoto ma in una società fatta di credenze, di convinzioni e di stereotipi, soprattutto riguardo agli UFO, l’elaborazione del racconto e poi la sua narrazione saranno sottoposti ad altri mutamenti. Quando si parla con un’altra persona, poi, il nostro dialogo “interno” deve adattarsi al fatto che dobbiamo presentare “bene” ed in modo coerente quanto ci è capitato. Chi ci ascolta può reagire in modi molto diversi, influenzandoci a sua volta, annuendo o deridendoci, suggerendoci cose che non avevamo intenzione di dire, ecc.

Come fare perché chi ascolta un testimone UFO capisca come fare per non distorcere ancora di più il racconto, per assumere un atteggiamento “neutrale” nei limiti delle sue possibilità e per aver presenti tutti questi problemi è una questione affrontata nel prosieguo della pagina.

Ma sappiamo – spesso a nostre spese – che le trasformazioni peggiori sono introdotte dagli stessi ufologi quando elaborano un rapporto d’indagine. Un ufologo ascolta il racconto del testimone e scrive una relazione su di esso. Non solo ci sono guai anche stavolta inevitabili, ma l’esperienza dice che a prevalere sono troppe volte le convinzioni ed i pregiudizi dell’appassionato, non quanto il testimone ci ha narrato. Insomma, i meccanismi sociologici e psicologici non agiscono solo su chi ha “visto” ma pure su chi “ascolta”. Per certe fasi di questo processo noi possiamo fare poco, anche se l’educazione e l’informazione aiutano, ma per altre abbiamo molti ausili a nostra disposizione, che occorre imparare ad usare.


Intervistare un testimone UFO

In teoria, se le nostre forze fossero necessarie, si dovrebbe indagare in modo approfondito su qualsiasi segnalazione UFO che perviene. Sappiamo che in concreto ciò non è possibile. Sarà inevitabile una cernita, anche soltanto sulla base della sensazione iniziale sull’interesse del caso fornito dalle prime notizie (osservazioni ravvicinate, effetti secondari, particolari difficili da spiegare, presenza di più testimoni, osservatori con qualifiche tecniche particolari), senza trascurare che, soprattutto quando si è alle prima armi, è necessario prendere confidenza con i casi che si riesce a risolvere con cause convenzionali, prima di muoversi con un po’ più di fiducia tra i casi “difficili” da spiegare, ossia con i potenziali “UFO in senso stretto”.

Un presupposto importante per una buona inchiesta è la velocità di effettuazione. Bisognerebbe fare il possibile per riuscire a sentire i testimoni entro una settimana dall’accaduto. Anche se si è appreso del fatto da fonti di stampa, da una lettera elettronica o in altro modo, è necessario concordare un appuntamento con il testimone, sia per non infastidirlo sia per predisporre al meglio momento e luogo del colloquio.

Come per altre attività è fondamentale lo stabilimento del contatto. Occorre essere leali e chiari con i testimoni, sia per telefono sia per posta elettronica sia per lettera e fargli capire senza equivoci che cosa chiediamo e perché. Spesso i testimoni sono stati contattati da giornalisti, curiosi, altri appassionati. Si può insistere con cortesia, spiegando le nostre assolute garanzie di riservatezza, il fatto che ci interessa soltanto sentire cosa gli è capitato a fini di studio scientifico, facendogli intendere quanto potrà essere di aiuto. In caso di rifiuto occorre rispettare senz’altro la volontà del nostro interlocutore.

I colloqui telefonici o per posta elettronica prima dell’incontro vero e proprio sono assai utili: bisognerebbe puntare subito ad avere dati anagrafici completi dei testi ed informazioni generali sull’accaduto: data, ora e descrizione del fenomeno in termini generali. Si vedrà in dettaglio cosa si intende per “descrizione del fenomeno”: un punto critico, da esaminare con la massima attenzione. Se tutto va bene si giungerà all’appuntamento. E’ bene che sia lo stesso testimone a fissare data e orario, sempre tenendo presente che è importante agire con rapidità, prima che i ricordi si alterino ancora di più di quanto non accaduto e che il suo stesso interesse a riferire la sua esperienza scemi. Occorre però preferire per l’intervista un luogo più possibile tranquillo, dove si crede che non si verrà disturbati e dove il testimone potrà aprirsi senza reticenze: l’ideale è sempre la casa del testimone, mentre sarebbero da evitare locali pubblici – rumorosi e nei quali è difficile mantenere la riservatezza – o i posti di lavoro.

Un punto molto importante riguarda il fatto che sarebbe sempre necessario poter discutere con i nostri interlocutori nel posto in cui l’avvistamento è avvenuto. Non sempre è possibile, ma l’assoluta desiderabilità di questo sopralluogo dovrebbe essere sempre fatta intendere dall’inizio.

Soprattutto se si pensa di non riuscire a parlare di persona rapidamente con i testimoni, si potrà anche chiedergli nel frattempo di stendere degli appunti ed anche di fare un disegno del fenomeno.

Come per le attività lavorative: mai arrivare in ritardo, mai abusare del tempo degli altri; se proprio non se ne può fare a meno, ripiegare su un secondo avvistamento. Ricordiamo sempre che la raccolta delle testimonianze è preziosa, ma chi può darcele potrebbe ritenere soltanto marginale, una curiosità, ciò che gli è successo.

La presenza di due inquirenti sarebbe ideale: non di più, perché si rischia di irritare le persone. Stiamo andando in casa di altri. In due si riesce a valutare meglio il flusso del racconto. Uno può prendere appunti scritti, l’altro interloquire e interagire in modo diretto con il teste. Se si è da soli è comunque bene prendere qualche nota scritta durante la discussione. Si potrebbero dimenticare domande fondamentali, indispensabili per chiarire la dinamica dei fatti.

Di sicuro durante l’intervista non si dovrà manifestare né particolare scetticismo né adesione a quanto riferito dal testimone. Nel pieno rispetto di chi ci parla, occorre sempre tener presente che lo scopo principale è quello di raccogliere dati su un’osservazione e al contempo valutare se, come osservatore, la persona è credibile. Nient’altro.

Allo stesso modo, non si dovrà in alcun modo sbilanciarsi su una valutazione delle cause. Tuttavia, si può chiedere se il testimone è interessato a sapere, in un secondo tempo, quali conclusioni si sono tratte su quanto ha visto. Tenere sempre presente che il livello culturale e le capacità di verbalizzazione dei testi possono variare in modo amplissimo. Il teste può usare espressioni dialettali che ci sono ignote, può non saper disegnare, esprimere paura o sconcerto per quanto gli è capitato. Sempre occorre rassicurarlo, ma senza influenzarlo, senza – nei limiti del possibile – trasmettergli le nostre convinzioni sugli UFO o su fatti specifici.

Per riassumere in una sola frase: il testimone è il direttore d’orchestra. Al massimo si può accordare lo strumento e chiedergli come suono questo o quel gruppo di note. Ma fatevi guidare da lui. Soltanto, aiutiamolo.

Il racconto vero e proprio e i dati osservativi

Prima di tutto, si accenna ad un fatto che può incidere in modo determinante su un’inchiesta ufologica. Ci si riferisce al reperimento di casi con più testimoni. Come è stato detto dallo studioso americano Allan Hendry, a costo di sgolarsi a forza di urlare, bisognerebbe fare il possibile per cercare di scovare casi del genere o testimoni non emersi di un evento già noto.

Il confronto fra dettagli, circostanze e misure è importantissimo. In genere, se un caso di primo acchito si annuncia “promettente”, esso lo sarà tanto più quanti testimoni diversi – e magari indipendenti dal primo, ossia sconosciuti a questo e posti in un punto diverso – avrete trovato.

Per quanto sia faticoso, è essenziale che i testimoni siano ascoltati uno per uno. Sia per la difficoltà di seguire i diversi racconti, sia per le interazioni complesse che sorgerebbero, riunire in una stanza più individui che ritengono di aver visto un UFO è in genere del tutto sconsigliabile.

Mai rivolgere al testimone “domande-guida”, quelle cioè in cui è implicita la risposta: se si chiede subito se un corpo volante era a forma di disco o di sfera, la cosa più probabile è che il testimone, specie se poco motivato, vi “accontenti” adeguando tutto il suo racconto alla vostra idea preconcetta, riprendendo termini e concetti. Se vi dicono che l’UFO era grigio piombo, non chiedete mai “ma allora poteva essere fatto di metallo?”, perché il testimone si è soltanto riferito al colore, non al materiale di cui – forse – quel corpo poteva consistere. E’ quella che i sociologi chiamano response set (tendenza a rispondere in serie, molto presente nei questionari scritti).

Siamo ora arrivati a quanto il testimone racconterà di persona. Si può dividere questa fase, centrale per tutto il nostro discorso, in due componenti: il racconto vero e proprio e le domande che poi gli faremo.

Nella prima fase al testimone sarà chiesto semplicemente, con parole sue ma senza omettere alcun dettaglio che gli torni in mente, di raccontare con precisione quanto accaduto. Non intervenire, non approvare, non commentare. Ascoltare ed incoraggiare. Non indisporre la persona che sta dedicando del tempo facendogli intuire che non gli credete fino in fondo. Rispettarlo in tutto: sta dedicando – gratis – il suo tempo prezioso per il nostro interesse, l’ufologia.

In questa fase l’ideale è rappresentato dalla registrazione del racconto del teste. In questo modo tutti saranno in grado di seguire senza timori di alterazioni le parole narrate. Va però detto che parecchie persone sono ritrose di fronte ad una richiesta di registrazione. Si faccia il possibile perché acconsentano a questa richiesta importante. Si spieghi che si tratta di un modo per ricordare meglio tutto e che gli appunti che si prendono con una penna non sono sufficienti, che è solo per comodità, per accelerare il colloquio, ecc. Una testimonianza registrata e conservata è quanto di più prezioso – ed emozionante, a volte – ci possa essere per un ufologo serio. Ricordarlo sempre.

Ad ogni modo, etica e legge vietano nel modo più fermo di registrare di nascosto quanto vi viene narrato. In particolare, il Centro Italiano Studi Ufologici impedisce ai suoi aderenti e condanna qualsiasi pratica del genere anche secondo quanto disposto dal suo Codice deontologico, di cui tutti i soci devono prendere conoscenza.

Ora il testimone ha finito il suo racconto, ed in genere pensa di aver fornito tutto ciò che serve all’inquirente. E’ invece ora che inizia il suo intervento più importante: quello dell’interrogatorio.


Domande, punti oscuri, dati da ottenere

Solo di rado il testimone è in grado di intuire le necessità analitiche dello studioso e quanto a lui più interessa sapere. E’ per questo che durante l’interrogatorio occorre tornare sui punti oscuri, su quanto è sfuggito, sulle cose che servono e che lui ha omesso e su quant’altro pare utile per cercare di capire meglio la natura di quanto il testimone ha visto.

Dopo il racconto del testimone, chiedere subito di fare un bel disegno su un foglio bianco del fenomeno che ha narrato. Si dovrà spesso incoraggiare il testimone a non preoccuparsi troppo della sua incapacità artistica. Quello che conta è come lui rappresenta graficamente il fatto.

La cosa migliore, in specie se il presunto UFO presentava qualche dettaglio, è che prima rappresenti il fenomeno su un foglio e poi, su un altro, che ricostruisca tutta la scena, magari indicando elementi del paesaggio che si vedevano (alberi, campanili, tralicci, strade, ecc.) ed anche l’eventuale posizione della Luna, di qualche nuvola, di qualche stella o pianeta particolarmente vistoso.

Non far sostituire al testimone questi disegni con elaborazioni grafiche fatte usando programmi informatici più o meno facili da manipolare (Paint, Photoshop) perché quasi di sicuro essi produrrebbero un abbellimento eccessivo rispetto alla descrizione verbale e la riconduzione a forme, sagome e colori disponibili nei programmi stessi.

In specie se si tratta di traiettoria complicate, chiedere al testimone di rappresentare nei disegni con dei tratti il percorso seguito dall’UFO nella volta celeste. L’importanza dell’indagine sul posto dell’avvistamento è ribadita dal fatto che l’inquirente dovrebbe scattare da quel punto esatto tutte le foto utili a chiarire meglio la dinamica dei fatti.

Fatti questi disegni occorrerà chiarire tutti i dettagli dell’avvistamento che mancano o che sono poco chiari.

Si potrebbe cominciare da questi ultimi. Spessissimo il testimone non rende subito in modo accettabile la successione temporale dei fatti, ossia come si sono succeduti gli eventi, cosa è venuto prima e cosa è venuto dopo. Spendere un po’ di tempo sulla questione.

Poi si dovrà cercare di sapere tutto quello che pare mancare. E’ naturale che la ragionevole insistenza nel far rievocare questo o quel dettaglio (colori, durate, rumori o altro) non debba mai diventare una pressione eccessiva che, oltre che infastidire, peggio ancora potrebbe indurre il nostro interlocutore a “inventare” particolari che non affiorano più con facilità. Se i ricordi non bastano, pazienza.

Spesso non si capisce bene come l’avvistamento è cominciato. Che cosa ha attirato l’attenzione dell’osservatore sul fenomeno? Che cosa stava facendo nei minuti precedenti l’avvistamento? Al chiarimento di queste circostanze si lega di solito la possibilità di chiarire il modo in cui l’UFO si è reso visibile (comparso all’improvviso in cielo, scorto mentre era già lì, uscito da dietro un albero o altro) e, forse soprattutto, il modo in cui l’avvistamento si è concluso (l’UFO è scomparso all’orizzonte, è sparito di colpo, è andato affievolendosi, è sparito dietro un palazzo, il testimone ha cessato l’osservazione mentre esso era ancora visibile in cielo, ecc.).

Occorre poi avere ben chiare quali siano state le reazioni del testimone nelle varie fasi dell’avvistamento: che cosa pensava e come si è comportato dopo la sua esperienza? E durante? Ed appena ha visto?

Questo sia per capire che cosa ha fatto (magari è corso a prendere un binocolo, ha aperto i vetri di una finestra, è corso a nascondersi per la paura) e che cosa ha pensato (che cosa ha creduto di vedere? Ha pensato che potesse trattarsi di qualcosa di familiare?)

E’ naturale che una gran parte dei dettagli da chiedere riguardino la descrizione del fenomeno in senso stretto, sia al suo aspetto sia al modo in cui si sarebbe comportato.

Quando si chiede “di che colore era” l’UFO si entra in un settore difficile, perché si tratta di un fattore assai soggetto a variazioni percettive, alle conseguenze dell’illuminazione ambientale, all’acuità e funzionalità visiva del teste e così via. Esistono delle tavole di colori standard che si potrebbero far paragonare a quanto visto, ma esse presentano vari tipi di problemi ed è dubbio se esse comportino più limiti o vantaggi.

Anche il comportamento dell’UFO è di importanza vitale. A volte è una delle parti dell’intera indagine su cui alla fine anche l’intervistatore più navigato si rende conto di aver tralasciato qualcosa. E’ la stessa varietà possibile di situazioni a complicare le cose. Ogni movimento, variazione d’intensità luminosa, stazionamento, discesa o avvicinamento deve essere accertato con cura, non ultimo nel loro succedersi (cosa è avvenuto prima e cosa dopo, quanto è durato ognuno di essi).

Infine occorre chiarire quale è stato il mezzo di osservazione. Il testimone, infatti, potrebbe aver visto l’UFO da dietro dei vetri o attraverso gli occhiali da vista, o nell’oculare di un binocolo; degli ostacoli potrebbero essersi frapposti alla visuale (fumo, rami, schermi semi-trasparenti).


Come ricavare dati oggettivi

Tutto è importante, ma le indicazioni più tecniche che ora saranno date si riferiscono ad alcuni parametri fondamentali, che quando s’indagherà su un avvistamento si dovrà davvero cercare di ottenere sempre.

Questi dati si riferiscono alle dimensioni apparenti del fenomeno, alla sua posizione rispetto all’osservatore, alla durata dell’avvistamento ed infine alle condizioni di visibilità.

  •  Le dimensioni apparenti. Cercare di far capire ad un teste questo concetto e far rispondere alla domanda su di esso si è spesso rivelato piuttosto difficile. Molti pensano di poter dire che quello che hanno visto era “lungo 15 metri” o “distante due chilometri”. Il guaio è che non sapendo per definizione “che cosa” stiamo osservando in mancanza di punti di riferimento ben precisi, nella volta celeste è quasi impossibile dire che misura aveva un… non identificato.

Vero è che la visione stereoscopica, ossia la capacità di determinare la “profondità” del nostro campo visivo dovrebbe aiutarci a capire se una cosa è “vicina” o “lontana” ma questo vale solo per gli oggetti vicini, diventa subito molto aleatoria con la distanza e per i miopi (che poi è una parte notevole della popolazione) è molto peggiore di quella degli altri.

Se invece abbiamo almeno uno dei dati dimensione o distanza reali possiamo ricavare l’altro con un po’ di geometria ed un minimo di trigonometria. Ci possono aiutare per la distanza punti di riferimento (pali, alberi, tralicci, cime di monti) dietro cui magari l’UFO è stato visto passare.

Ma come fare per ottenere dal teste una stima delle dimensioni apparenti?

Ci sono vari metodi, ma la cosa più pratica e che dà risultati accettabili consiste nel far paragonare le dimensioni di ciò che ha visto con quelle di cose che si vedono dal punto di avvistamento (una casa, un albero) o dei corpi celesti (“come la Luna Piena”, come la metà o un quarto di essa, come le stelle, come Venere, ecc.). Solo a testimoni più acculturati potrete spiegare che quello che state cercando di avere sono le dimensioni angolari del fenomeno nella volta celeste, che si misura in gradi, in primi e in secondi. La Luna Piena, per esempio, sottende circa 32’, ossia poco più di mezzo grado. Una pastiglietta di Aspirina alla distanza del braccio teso è sufficiente a coprirla. Ricordare sempre che le persone spesso manifestano una tendenza a sovrastimare le dimensioni apparenti delle cose lontane.

Se si è sul posto dell’avvistamento, cercare di capire quello che il testimone sta cercando di dirvi su questo punto chiedendogli: “era più grande di una stella? E della Luna? E di quel tetto laggiù?”

Confrontare queste dimensioni così fornite con il disegno che gli avrete fatto fare. C’è una qualche coerenza fra queste e quelle che invece ha usato per rappresentare il fenomeno su foglio? Se si nota una differenza grossolana cercare di farsi chiarire il perché.

  •  La posizione del fenomeno. Per determinare come un corpo non identificato si è mosso nello spazio, in altri termini per conoscere la sua traiettoria, abbiamo bisogno di due parametri importantissimi: l’altezza angolare sull’orizzonte, detta anche elevazione e la direzione geografica, ossia l’azimut.

Se il fenomeno è rimasto fermo per tutto il tempo dell’avvistamento, allora la posizione sarà invariata e dunque avremo una sola elevazione ed un solo azimut. Però nella gran parte dei casi abbiamo segnalazioni di fenomeni in movimento nel cielo. In questo caso dovremo avere almeno elevazione ed azimut iniziali, ossia quelli in cui il corpo si trovava quando è iniziato l’avvistamento ed elevazione ed azimut finali, cioè quelli del momento in cui l’osservazione si è conclusa. La traiettoria potrebbe essere cambiata, ed allora dovremo avere anche elevazione ed azimut del punto in cui è avvenuto questo cambiamento (svolte, virate, zig-zag, discese e salite, ecc.).

Come ottenere l’azimut? Per una buona stima è necessario avere una bussola da puntamento, di quelle che hanno il coperchio e la finestrella. Chiedere al testimone di puntare con il dito un qualcosa all’orizzonte in corrispondenza del luogo del cielo in cui si trovava l’UFO, oppure fare tenere in mano la bussola, dirgli di metterla davanti agli occhi e poi di puntare la direzione.

Tenere presente che siccome l’orizzonte è diviso in 360°, a nord si avranno 0°, ad est 90, a sud 180 e ad ovest 270. In questo modo, un presunto UFO visto comparire quasi a nord-est, ad esempio, avrà un azimut di “circa 45°”.

E’ una di quelle situazioni che in genere richiedono la presenza dell’inquirente sul luogo dell’avvistamento. Si scoprirà presto quanto gran parte delle persone non siano in grado di dire dove si trova il nord. In questo caso, se non si può fare il sopralluogo sul posto, domandare qualche riferimento geografico del tipo: “l’UFO è apparso verso il paese tal dei tali?” oppure: “era dalla parte del paese X o del campanile Y”, o altro utile allo scopo.

Vediamo ora come fare per l’elevazione angolare. Per ottenere dei buoni risultati ci vuole un modesto strumento che il Centro Italiano Studi Ufologici mette a disposizione dei suoi inquirenti, ossia un misuratore di elevazione con cui leggere il dato facendolo tenere in mano al testimone. Si sappia comunque che ovviamente un corpo visto all’orizzonte avrà un’elevazione angolare pari a 0° (in realtà l’orizzonte non è mai perfettamente “piatto”, se non altro per l’effetto della curvatura terrestre), uno che sarà a metà altezza nella volta celeste a 45° ed uno posto proprio sulla testa, ossia allo zenit, a 90°. Dunque, ancora di più stavolta il sopralluogo è necessario. In mancanza si potrà chiedere al testimone se quanto visto era in una parte di cielo alta, media o bassa, se era vicina all’altezza della Luna o di una stella o pianeta che conosce. Ancora meglio – sempre tenendo presente la grande approssimazione di questi tentativi – chiedere al teste di tendere il braccio all’altezza del cielo in cui si trovava il fenomeno e trarne con prudenza il dato.

  •  La durata dell’osservazione. – E’ un altro parametro fondamentale. Addirittura, alcuni studiosi lo hanno ritenuto un buon criterio per orientare i tentativi di identificazione di quanto visto. Anche stavolta bisogna dire che le persone sono in genere dei misuratori molto mediocri del tempo che passa. Per forza di cose il vostro interlocutore vi darà informazioni arrotondate. La tendenza generale è alla sopravvalutazione della durata. Non resta che tenere a portata di mano un cronometro, chiedere al teste di rivivere quanto visto dall’inizio alla fine e prendere il tempo. Qualche volta si può provare a confrontare questa ricostruzione con la stima che magari costui aveva dato prima, sulla base del solo ricordo.
  • Le condizioni di visibilità. Si deve chiarire anche quali siano stati gli eventuali mezzi e limitazioni della visione durante l’avvistamento. In primo luogo, bisogna chiedere se il testimone aveva difetti di vista, di quale entità, se sì quali, se corretti da lenti e se esse erano indossate durante il fatto.

L’osservazione potrebbe esser stata fatta in tutto o in parte grazie a degli strumenti ottici. Potrebbero essere stati impiegati binocoli, cannocchiali, telescopi, teodoliti o altro. Di tutti bisognerà acquisire i dati e soprattutto conoscerne il potere d’ingrandimento e le caratteristiche delle eventuali lenti e filtri applicati. Potrebbero presentare effetti di distorsione della luce: sono frequentissimi i casi di lenti per binocoli non ben allineati che producono fenomeni di aberrazione cromatica, che si potrà constatare con facilità nel puntare con qualche strumento di scarsa qualità una stella vistosa: se ne vedranno i contorni assumere colori cangianti, in specie sul verde, bianco e rosso.

Le condizioni meteorologiche potrebbero incidere parecchio sulle caratteristiche rilevate. Quando il Sole è al tramonto o all’alba i colori sono poco intensi. Le nubi hanno capacità riflettenti molto forti: occorre chiedere se erano presenti, se il cielo era coperto in parte o tutto; se c’erano precipitazioni, se c’era nebbia o ghiaccio; occorre sapere anche qualcosa sul vento, magari cercando di far ricordare se si era notato in quale direzione si spostavano le nubi. Oggi, ad ogni modo, se l’inchiesta è condotta in maniera tempestiva è possibile risalire con facilità a dati meteorologici di moltissime località, anche consultando siti Internet specializzati.

Lo stesso è possibile fare per un altro aspetto assai importante, ossia la determinazione della visibilità di stelle, pianeti, della Luna o del Sole e di altri eventi astronomici durante l'avvistamento. Siti Internet come Heavens Above possono rispondere con grande precisione ad interrogativi del genere come anche a quelli relativi a transiti di satelliti artificiali e di altri veicoli spaziali orbitanti, dati tutti d'importanza fondamentale per valutare possibili spiegazioni di quanto descrito.


Uso di moduli e di questionari

L’unica situazione davvero soddisfacente per l’ufologo di taglio scientifico è una seria, completa, penetrante indagine diretta sulle segnalazioni d’avvistamento. Se le cose stanno così, non è pensabile che ad essa possano supplire dei questionari standard o delle schede da far riempire ai testimoni.

Si tratta di una pratica che associazioni come il CISU scoraggia, e questo per una lunga serie di motivi. In primo luogo, l’esperienza di osservazione di un fenomeno che non si riesce ad identificare è per sua natura “aperta”. E’ sfuggente, ambigua ed assai complicata. Pensare di ridurla allo spazio di un modulo, per quanto ben fatto, è impensabile. Si rischia di renderla ancora più incomprensibile. Tutto ciò senza trascurare il fatto che ogni tipo di scheda, specie quelle fatte con domande “chiuse”, in cui cioè sono possibili solo alcune alternative, genera la già accennata tendenza più o meno marcata a rispondere “in serie”, omogeneizzando le risposte e generando una coerenza espositiva che in un’intervista potrebbe risultare molto meno marcata.

Tuttavia, occorre dire che il Centro Italiano Studi Ufologici in anni recenti ha predisposto un suo questionario, studiato con attenzione e volto a far fronte soprattutto alla gran quantità di segnalazioni che giungono via posta elettronica. E’ evidente che alle capacità di raccolta delle segnalazioni non sempre si può rispondere con l’intervento diretto degli inquirenti. Il questionario è considerato come un mezzo “di emergenza” per raccogliere nel modo meno discutibile possibile i dati essenziali dell’avvistamento.

E’ composto da molte domande aperte, alle quali il testimone deve rispondere con delle spiegazioni più o meno lunghe. Si è rivelato utile anche per una approssimativa scrematura della qualità delle notizie riferite e per il loro potenziale interesse per l’uno o per l’altro aspetto di studio. Esso non esclude, ed anzi presuppone, eventuali successivi approfondimenti più diretti.

Lo si può scaricare qui. Il questionario speciale per astrofili ed astronomi, invece, è scaricabile a questa pagina.


I problemi dei casi speciali

Le indicazioni sunteggiate valgono un po’ per tutti i generi di casistica. Sono più o meno utili per ogni evenienza e, con le dovute proporzioni, per ogni tipo di interlocutore. Però si tratta di suggerimenti generali. La varietà dell’esperienza UFO, sottolineata spesso, comporta molte volte episodi molto strutturati, con coinvolgimento di tecnologie, di persone specializzate, di istituzioni e di procedure non ordinarie.

In questa sede è possibile fornire solo un cenno ad alcune peculiarità che l’inquirente UFO potrebbe incontrare nelle sue attività. In varie associazioni, come il CISU, sono persone che a volte possiedono decenni di esperienza in ognuno di questi settori casistica e dai quali è possibile attingere idee ed informazioni più precise. Agli inizi si potrebbe non essere in grado di far fronte a tutte le domande che un’indagine su casi speciali richiede. Se necessario, è opportuno farsi consigliare o addirittura farsi affiancare in modo diretto dai responsabili di progetti di studio.

Ecco alcuni esempi di elementi che è necessario acquisire e valutare.


  • Gli incontri tra UFO ed aeromobili. – In linea generale non è facile che il personale di volo, soprattutto i piloti, accettino di riferire a degli ufologi loro osservazioni. Il timore dell’esposizione al ridicolo in una professione come la loro, sottoposta a particolare sorveglianza psico-fisica quanto ad idoneità, può rivelarsi un ostacolo insormontabile.

Nel caso in cui si riesca ad avvicinare testimoni del genere, la discrezione è ancora più necessaria che non nel resto dei casi. Si dovranno acquisire tutti i dati sul volo durante il quale è avvenuta l’osservazione, dati sulla rotta, sulla stima del punto esatto di avvistamento, dati meteorologici e tecnici sul velivolo coinvolto, dati dettagliati su qualsiasi effetto riscontrato da apparati avionici o elettrici o radioelettrici, dettagli sull’esperienza del personale coinvolto, tutti i dettagli su eventuali tracciati radar ottenuti e sulle caratteristiche tecniche degli apparati impiegati nell’occasione, e così via.


  • Casi con rilevazioni radar. – Sono forse fra i più difficili di tutti. Le competenze richieste sono quelle della fisica e dell’ingegneria elettronica. Anche la valutazione dei fatti in sé è molto delicata. Nelle poche volte in cui si riesce ad avere notizia di tracciati radar “anomali”, il problema è spesso quello dello stabilimento di una relazione diretta ed incontrovertibile con eventuali osservazioni ottiche di presunti UFO.

Inoltre, in linea generale nel caso di apparati militari le restrizioni al rilascio di tracciati radar sono molto forti per motivi di segretezza, e comunque è difficile ottenere dati dettagliati sulle caratteristiche delle strumentazioni: coperture, quote e distanze massime alle quali sono possibili le rilevazioni, procedure usate per valutare i segnali non identificati e così via. Da essi, infatti, si potrebbe risalire ad elementi delicati per la sicurezza dello spazio aereo nazionale.


  •  Rapporti con testimoni militari e delle forze dell’ordine. – Il contatto con questi testimoni è anch’esso difficile, tranne non avvenga in via privata, al di fuori dei consueti canali istituzionali. Quando non è così, in genere gli ostacoli frapposti saranno moltissimi. Occorrerà essere avvezzi alla prassi burocratica di questi organismi, che in un Paese come l’Italia tendono semplicemente ad ignorare richieste volte ad ottenere dati circa avvistamenti effettuati da personale alle proprie dipendenze.

I carteggi così ottenuti, tuttavia, costituiscono essi stessi fonti documentarie preziose e spesso insostituibili. E’ naturale che nel caso in cui si riesca ad ottenere abboccamenti con militari, pur nel più ferreo rispetto della riservatezza, dovrete cercare di ottenere tutti i particolari relativi al grado ed alle funzioni rivestite dagli osservatori, alle loro qualifiche tecniche e, nel caso in cui le osservazioni siano state fatte in occasioni di servizio, capire bene se siano state attivate procedure per rapportare quanto visto ad autorità superiori o ad enti specialistici. In questo modo sarà possibile tentare una richiesta di copie degli incartamenti che inevitabilmente si saranno prodotti in questo modo.

Se gli avvistamenti sono stati effettuati da aree o installazioni militari occorrerà capire quali reparti o unità vi siano stanziati e se è plausibile che il fenomeno sia stato constatato da personale di sorveglianza o rilevato con qualche tipo di apparato.


  •  Casi con cosiddetti effetti “elettromagnetici”. – Le presunte interferenze su apparati elettrici ed elettronici sono riferite molto spesso dai testimoni. La grande varietà di attrezzature coinvolte, vista la presenza costante di esse, rende anche stavolta molto delicata la raccolta dei dati. Tipo, durata, intensità, caratteristiche di guasti, interazioni, danni transitori o permanenti sugli apparati dovrebbero essere riferiti nei dettagli più minuti. Si sono manifestati prima, durante o dopo le osservazioni? Come sono iniziati? Come sono terminati? Nel caso di interferenze su motori di veicoli, come sono cessati?

Tutti i dettagli tecnici relativi agli apparati coinvolti dovrebbero essere desunti da libretti d’istruzione e simili, o ricercati pressi organismi tecnici. In questo genere di casi è assai importante cercare di determinare, senza naturalmente forzare il ricordo degli osservatori, distanza e posizione dei supposti UFO, dettagli delle loro eventuali emissioni luminose, movimenti e rumori rilevati e così via. In caso di danni permanenti (fusioni, magnetizzazioni, bruciature, incendi, ecc.) sarebbe importantissimo poter fare esaminare le parti interessate a laboratori tecnici specializzati.

Le eventuali magnetizzazioni permanenti di parti metalliche potrebbero essere descritte con l’uso di una bussola in termini di deviazione rispetto al nord reale. La magnetizzazione è uniforme per intensità in tutte le parti interessate? Tende ad attenuarsi più o meno rapidamente?


  • Effetti fisiologici sui testimoni o su animali. – Piuttosto diffuse, le testimonianze di danni più o meno lievi subiti da persone ed altri viventi sono un’altra area delicata. In questo caso, infatti, si tocca la questione della sfera della salute personale. Ci sono persone che in concomitanza o dopo un avvistamento UFO riferiscono emicranie, congiuntiviti, dermatiti, disturbi gastro-intestinali, cardiaci, danni da bruciatura, insonnia, ansia, depressione e via discorrendo.

Il problema centrale consiste nel fatto che nessuno di noi è abilitato ad acquisire reperti medici che documentino queste condizioni, che ne analizzino le cause e che formulino diagnosi e prognosi. Appare necessario appoggiarsi a professionisti della salute autorizzati ad accedere, sia a titolo scientifico sia a titolo legale, a documenti simili. Costoro rappresentano in ogni modo dei consulenti insostituibili. ·


  • Avvistamenti di astronomi, astrofili e meteorologi. – Queste persone sono fra quelle che almeno in linea generale dovrebbero essere più in grado di fornire i dati oggettivi di cui l’indagine ufologica ha più bisogno. Dovrebbero anche essere in grado di discriminare bene almeno le possibili cause di errore che più competono alla loro formazione. Spesso, inoltre, potrebbero avere a disposizione apparecchiature di ripresa in grado di documentare in qualche forma quanto visto.

Al di là della scontata necessità di impiegare al meglio le possibilità che questo genere di testimoni dovrebbe offrire, per l’inquirente il problema potrebbe essere costituito dalla diffusa ostilità che costoro hanno riguardo al nostro argomento. Non resta che agire con un’accorta ma discreta opera di spiegazione, volta a documentare come l’appassionato di orientamento scientifico non sia un propagandista della presenza degli extraterrestri nei cieli, ma una persona che ritiene il loro contributo importante per una migliore interpretazione di un fenomeno. In questo caso le capacità di rapportarsi in modo efficace con gli altri ed in specie con persone di cultura tecnico-scientifica risulteranno determinanti. Saranno esse a fare la differenza tra il successo e l’insuccesso di un tentativo d’indagine.

Nel CISU è attivo al riguardo il Progetto Clear Skies.


  • Osservazione di cadute di corpi non identificati al suolo o in acqua. – Quando un qualcosa di non ben determinato è visto precipitare verso il basso o addirittura “abbattersi”a terra o in acqua, l’esperienza insegna che in buona parte dei casi sono gli stessi testimoni a mettere in allarme le forze dell’ordine, i Vigili del Fuoco, la Guardia Costiera o le varie strutture della Protezione Civile.

L’aspetto peculiare dell’indagine ufologica in questi casi è rappresentata proprio da questi aspetti. Che si riesca o meno a risolvere in modo convenzionale le osservazioni (spesso si tratta di bolidi e meteore viste scendere verso il suolo o di palloni sonda di vario genere in caduta), il contatto con questi organismi risulta spesso fondamentale. Per certi versi i problemi sono analoghi – ma meno gravi – a quelli che s’incontrano in occasione di avvistamenti fatti da appartenenti alle Forze Armate o alle forze dell’ordine. Possono valere raccomandazioni simili.


Standard etici dell’inquirente ufologico

Anche sul piano etico l’indagine sugli avvistamenti di presunti UFO è irta di ostacoli di ogni specie. L’emotività, il senso del ridicolo e la mancanza di legittimazione che circondano l’argomento e chi se ne occupa rendono necessaria l’adozione di molte prudenze e di regole di comportamento ben precise.

Per questo motivo nel 2001 il Centro Italiano Studi Ufologici ha adottato un codice deontologico che era stato elaborato anni prima da studiosi inglesi del fenomeno e che nel 2006 è stato fatto proprio anche da un’altra associazione, il Centro Ufologico Nazionale.

In questa sede non è possibile riportarlo per esteso, ma esso tocca sia i rapporti con i testimoni, sia quelli con i colleghi e pure con il pubblico in generale. Ecco solo alcuni cenni a certe norme etiche cui pare bene attenersi.


  • Non solo per adempiere le norme di legge sulla riservatezza, ma anche per salvaguardare come bene principale la tranquillità ed il buon nome dei testimoni, i dati personali degli avvistatori non sono divulgabili in alcun modo in pubblico e possono essere trasmessi a fini di studio ad altre associazioni solo con il consenso scritto degli stessi testimoni. Fanno eccezione gli studi di carattere storiografico sul fenomeno, in cui è possibile citare per esteso generalità derivanti da fonti del passato remoto appunto a causa dello scopo storico di certe ricerche. Il mantenimento della più rigida privacy per i testimoni è anche la miglior garanzia per la libertà di giudizio degli studiosi, che in questo modo potranno esprimere riserve sull’attendibilità di un racconto senza in alcun modo ledere l’onorabilità di nessuno.


  •  Non è possibile aderire ad inviti della stampa scritta o radio-televisiva di invitare in ribalte pubbliche testimoni di cui il CISU conosce le generalità. In altri termini, l’ufologo etico non può “fornire” per suo tramite ai mass media persone che ritengono di aver visto un UFO, anche se fossero d’accordo a farsi avanti.


  • Per statuto, tutti gli incarichi svolti nel CISU da propri aderenti sono del tutto gratuiti e non retribuibili.


  • ·A causa della natura controversa della questione e dello status scientifico e giuridico di questa pratica, il CISU rifiuta di far eseguire per proprio conto ed anzi scoraggia l’esercizio della cosiddetta ipnosi regressiva sui testimoni di presunte esperienze UFO.


Conclusioni

Il testimone non è una fredda macchina fotografica. E’ una persona, con le sue credenze e le sue attese. Per questo – solo alla fine del racconto e chiariti tutti i dettagli – ci si potrà soffermare con lui su che cosa pensa fosse quello che ha visto, che livello di informazione ha sulla questione degli UFO (ha letto libri, visto DVD, consultato la stampa del settore), se magari condivide convinzioni particolari sul fenomeno e così via.

Potrebbero esserci anche altre persone ed organismi che si sono interessati alla sua vicenda. Essa potrebbe esser stata indagata per fini diversi dalla stampa, dalle forze dell’ordine, da scienziati. Si dovrebbe cercare di farsi dire – se il testimone ritiene – chi se ne è occupato, e poi provare a contattarlo e condividere nei limiti del possibile dettagli ed informazioni. Non dimenticare che un caso ufologico è un fatto complicato ed altri potrebbero aver trovato chiavi interpretative o sottolineato punti trascurati dall’inquirente. Questo senza dimenticare che altri, prima di noi, intervistando il testimone potrebbero averlo influenzato, orientando addirittura il senso stesso del racconto, che dunque potrebbe arrivarvi modificato anche da questi particolari attori della scena ufologica.

Il testimone potrebbe aver addirittura avuto altri avvistamenti, oltre a quello per cui è stato interpellato. Per ognuno di essi dovrebbe essere svolta un’indagine specifica, separata dalle altre. Non mescolare mai insieme più eventi.

Tenere anche presente che spesso in occasione di questi colloqui i testimoni si spingono a dire di conoscere altri protagonisti di esperienze ufologiche. Cercare di ottenerne i recapiti: sono informazioni preziose, da accantonare per eventuali, prossime inchieste. Se il caso è stato reso pubblico dai mass media questi testimoni potrebbero essersi rivolti proprio a lui. Specie per questa evenienza, lasciare tutti i dati e recapiti di ogni tipo al testimone. Invitarlo a girare a voi questi eventuali contatti, che in genere per lui costituiscono solo una curiosità o poco più di un modo per sapere che “altri” hanno avuto la sua stessa sorte.

In vista della fine dell’intervista, sintetizzate voi, davanti al testimone, la sua storia. Se si fanno degli errori, è molto probabile che lui li corregga. Se il teste non l’ha gradito in precedenza, è questo anche il momento migliore per registrare voi stessi che parlate: in genere le persone in questa fase non obiettano niente, ma non rinunceranno a correggere eventuali errori di narrazione dell’inquirente.

In chiusura, si sappia che il "Manuale di metodologia d'indagine" (edizione 1993), opera degli studiosi Edoardo Russo e Gian Paolo Grassino, è ottenibile presso il Centro Italiano Studi Ufologici.