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Astronomi, astrofili ed UFO

Da WikiUFO.

Indice

Introduzione

Malgrado la sua rilevanza possa apparire evidente, solo di rado il rapporto conflittuale ma intenso che da sempre intercorre fra gli studiosi professionisti ed amatoriali della scienza astronomica ed i fenomeni UFO è stato esplorato in maniera sistematica.

Ciò appare paradossale: da un lato, infatti, è possibile sostenere che non esistono gruppi sociali più irridenti nei confronti dei fenomeni UFO degli astronomi e degli astrofili. Spesso è proprio a queste categorie che l'opinione pubblica ha fatto ricorso, soprattutto nei primi della storia ufologica contemporanea, quando c'era da esprimere un parere sul fenomeno in generale e su qualche avvistamento in particolare. Dopo una breve fase di prudenza, già intorno al 1952 la comunità astronomica aveva assunto posizioni di rigetto pressoché totale per la questione. Dalla tarda primavera di quell'anno, anzi, un astronomo americano assai noto, Donald H. Menzel, che pure tre anni prima era stato testimone lui stesso di un fenomeno aereo insolito, assunse le vesti di portavoce semi-ufficiale dello scetticismo radicale sugli UFO e conservò questo ruolo sino alla fine degli anni '60, quando si fece avanti una seconda generazione di scettici di diversa estrazione.

Eppure, mentre nel '52 Menzel iniziava in pubblico la sua attività di sostenitore dello scetticismo, emergevano anche testimonianze come quelle dell’astronomo americano Clyde Tombaugh, che nel 1930 aveva scoperto Plutone, il quale mentre il 20 agosto del 1949 si trovava con alcuni parenti davanti alla sua casa di Las Cruces, nel Nuovo Messico, vide un gruppo di rettangoli disposti in una formazione geometrica che occupava il doppio circa del diametro lunare, di colore verde-bluastro, che si spostavano in cielo rapidamente sino a scomparire. Tombaugh ebbe almeno altri due avvistamenti di fenomeni aerei non identificati, uno dei quali fatto mentre si trovava ad un telescopio sempre nel Nuovo Messico. E sarà proprio un suo collega, l'astrofisico J. Allen Hynek che in specie negli anni '70 diventò quasi sinonimo d'interesse, di apertura e di attenzione per le testimonianze ad alta qualità e per la possibile evidenza di un fenomeno nuovo per la scienza che a suo avviso esse costituivano. 

Il mito dell'astronomo non testimone


Le affermazioni che in sostanza negano che gli appartenenti alle categorie degli astronomi e degli astrofili vedano “cose strane nel cielo” sono rinvenibili lungo tutto l'arco temporale che parte dal 1946. Spesso sono state fatte da esponenti della stessa comunità astronomica internazionale.

Una raccolta sistematica di esse e delle affermazioni perentorie, negatrici di qualsivoglia rilievo oggettivo del fenomeno UFO potrebbe costituire già da solo un case study per i sociologi della scienza. Qui si presentano soltanto degli esempi recenti relavi a ciò che l'evidenza disponibile deve far definire quale "mito dell'astronomo non testimone". 


  • Nel maggio del 2002 l’astronomo californiano Philip Plait pubblicò su Internet un articolo nel quale scriveva che gli astrofili non vedono niente d'insolito:

Affermo che gli astrofili osservano il cielo più di chiunque altro, eppure non segnalano mai degli UFO [1].

Si noti che il “mai” è diventato in tempi più recenti un più prudente “molto di rado”.


  • In sua dichiarazione del 2007 l’astronomo finlandese Hannu Vuori ha sostenuto che astronomi ed astrofili non hanno mai fotografato o registrato “cose strane” con i loro strumenti:

Nel mondo ci sono migliaia di astronomi professionisti e centinaia di migliaia di astrofili. Nessuno di loro ha mai presentato una fotografia o un filmato che mostri un UFO da sottoporre ad un serio esame. Nessuno strumento astronomico… ha mai registrato un fenomeno del quale potesse essere provato il legame con gli UFO[2].


  • Verso la fine del 2006 l’Unione Astrofili Italiani, in una rubrica tenuta dalla stessa UAI sul servizio Televideo della RAI ha espresso il parere che gli avvistamenti non avvengano mai negli osservatori:

Talvolta si sente parlare di UFO e alieni… Gli avvistamenti non avvengono mai negli osservatori dove professionisti scrutano il cielo continuamente con strumenti potenti[1]


  • Un divulgatore scozzese, Paul Barnett, scrivendo sotto lo pseudonimo John Grant, nel 2006 ha affermato che gli astrofili segnalano “pochissimo” di aver visto fenomeni aerei non idenfificati:

Un fenomeno curioso… è che pochissime segnalazioni UFO arrivano dagli astrofili. Nella maggior parte dei paesi avanzati gli astrofili passano più ore/uomo a scrutare il cielo notturno di tutti gli altri messi insieme, così che ci si dovrebbe attendere che la maggior parte delle segnalazioni UFO debba arrivare da questa frazione... di popolazione. In realtà è vero l'esatto opposto[2].

Queste affermazioni contrastano in modo stridente con l'evidenza empirica.

Le osservazioni di astronomi ed astrofili nel loro contesto

Un aspetto assai interessante del problema è che le osservazioni dei supposti UFO in molte occasioni si sovrappongono ad argomenti di moda nella scienza del tempo o a controversie fra scienziati.

E’ una cosa che va tenuta presente quando si cerca di ottenere qualcosa di interessante da certe fonti remote, perché le cose vanno valutate iuxta propria principia, ossia collocandole in un quadro adeguato.

Così, agli inizi del XVII secolo, almeno alcune vicende osservative s’inseriscono nel dibattito relativo alla natura delle macchie solari; poi, molto materiale va letto nel quadro delle resistenze all’accettazione dell’origine extra-atmosferica delle meteore, che si risolverà solo agli inizi del XIX secolo. Dalla fine del XVIII secolo e per tutto quello successivo infurierà il dibattito sull’esistenza di un pianeta la cui orbita sarebbe stata più interna a quella di Mercurio ed i cui presunti transiti erano spessissimo notati in pieno giorno durante osservazioni del disco solare.

E’ emblematico che la prima foto di un UFO nota al mondo, quella scattata il 12 agosto 1883 dall’astronomo messicano José Arbol y Bonilla dall’osservatorio di Zacatecas, sia stata al centro di una controversia su una serie di avvistamenti di gruppi di corpi non identificati visti transitare sul disco solare o talora nella volta celeste[3].

Si noti che questo genere di casistica continua a presentare eventi di notevole interesse anche in tempi a noi vicini. Ci sono sia transiti solari sia lunari, a volte con supposte sequenze foto e video. Esemplare il caso del 23 agosto del 1966, quando un gruppo di astronomi dell’osservatorio Kandilli di Istanbul che stava riprendendo alcune macchie solari con delle macchine collegate ad un telescopio da 180 cm, a distanza di 17 minuti l’uno dall’altro osservò due corpi non identificati transitare sul disco. Furono fotografati. Quando gli scienziati turchi pubblicarono sulla rivista "Planetary and Space Science" le foto spiegando che doveva trattarsi di satelliti artificiali in orbita, vari colleghi ribatterono mostrando calcoli indicanti che i due corpi erano troppo grandi e troppo vicini alla Terra per essere satelliti in orbita. La natura degli oggetti ripresi rimase non identificata.

La stessa considerazione esposta vale, in misura minore, per supernove, pianeti esterni e per alcune comete.

Alcuni ambiti dell’astronomia, come quello della ricerca dei Near Earth Objects (NEO) sono in buona misura ormai devoluti alla figura, sempre più professionale, dell'astrofilo. Per inciso, proprio la valutazione dei NEO potrebbe essere uno dei settori critici per la possibile presenza di rilevazioni di UFO. Se l’analogia può avere qualche senso, potrebbe trattarsi di un ruolo accostabile a quello che nel XIX secolo rappresenta dal punto di vista del progetto Clear Skies la controversia sull’esistenza di un pianeta intra-mercuriale.

In specie per i casi avvenuti prima della metà del XX secolo sarebbe di particolare interesse l’acquisizione dei dati biografici dei testimoni. Spesso le osservazioni si sono verificate in una fase particolare della loro attività di studio e della loro produzione scientifica, cosa che senz’altro aiuterebbe a spiegare meglio i termini di parecchie vicende. Ad esempio, nel 1925 il grande astronomo tedesco Walter Baade (1893-1960) da un osservatorio non meglio precisato (proprio nel ‘25 aveva compiuto una prima trasferta negli Stati Uniti per studiare un’eclissi) riprese al telescopio una foto che presentava una traccia che secondo i suoi calcoli avrebbe rivelato la presenza di un corpo che volava a 4000 chilometri dalla Terra a velocità sub-orbitale (6 km/sec, ossia 21600 km/h) e che avrebbe avuto una lunghezza di 140 metri.
In quegli anni Baade aveva scoperto parecchi asteroidi – nel ’49 individuerà Icaro, grazie al quale sarà possibile una verifica dell’effetto di precessione del perielio, previsto dalla relatività generale - ed è plausibile che anche questa foto strana debba inserirsi in quel contesto di ricerca e che vada letta in quel quadro.

Occorre poi dire che fin da subito la controversia sui “dischi volanti”, nel 1947, porterà alla quasi totale espulsione del problema dall’orizzonte della discussione astronomica. Tutto questo mentre le osservazioni dei presunti UFO si succedevano, anno dopo anno, a volte in termini clamorosi. E’ probabile che uno dei periodi d’oro per queste notizie sia costituito dagli anni fra il 1957 e la fine degli anni 60 del secolo XX, quando professionisti ed amatori erano coinvolti a vario titolo in programmi d’inseguimento ottico delle prime serie di satelliti artificiali. Fu proprio durante quelle sessioni che si realizzò un gran numero di esperienze.

A partire dagli anni 90 la grande circolazione delle pubblicazioni per astrofili ed al contempo la progressiva diffusione di webcam per uso astronomico e di attrezzature ad alte prestazioni per fotografia digitale ha condotto ad un’esplosione del numero di riprese di supposti UFO anche in quest’ambito specifico. Si tratta di una sfida nella sfida, perché è ormai chiaro fino a che punto la pratica scomparsa della foto analogica, su pellicola, stia comportando problemi di ogni genere per delle valutazioni sensate delle immagini d'interesse ufologico.

I sondaggi storici su astronomi ed astrofili

In realtà, il fatto che astronomi ed astrofili vedono in cielo cose che non sono sempre facili da spiegare fu chiarito in modo sistematico da due grandi sondaggi condotti negli Stati Uniti nel 1975 e nel 1980. Questi sondaggi produssero dei risultati sorprendenti ed in parte inattesi anche fra quelli che li avevano pensati.

  • Già agli inizi dell'estate del 1952, comunque, J. Allen Hynek, che allora era consulente dell’Aeronautica americana per lo studio di questi fenomeni, condusse un’analisi del tutto empirica e riservata fra un numero modesto di astronomi professionisti degli Stati Uniti. Ottenne ascolto da 44 scienziati: 5 ammisero di aver avuto esperienze osservative. Non si trattava di un campione significativo, certo, però 5 su 44 assommano ad una percentuale pari a circa l’11%[4].


  • Il primo vero grande sondaggio, che segnò una svolta circa le conoscenze dell’argomento giunse però molto più tardi. Fu r
    L'astrofisico Peter Sturrock, autore del sondaggio fra gli astronomi pubblicato nel 1977.
    L'astrofisico Peter Sturrock, autore del sondaggio fra gli astronomi pubblicato nel 1977.
    ealizzato nell’estate del 1975 da un astrofisico che è poi diventato uno dei maggiori sostenitori dell’approccio scientifico a questi fenomeni, il professor Peter A. Sturrock, che allora lavorava all’Istituto per la Ricerca sul Plasma dell’Università di Stanford, in California, poi fondatore della Society for Scientific Exploration [3].
    Sturrock rivolse ai membri dell’"American Astronomical Society" molte domande su cosa pensavano degli UFO. Gli risposero in 1356. Non solo c’era un atteggiamento di notevole apertura nei confronti del problema, ma 62 di questi, cioè il 4% di coloro che avevano risposto, riferirono di aver visto loro stessi dei fenomeni aerei non identificati, che poi descrissero in appositi questionari. Sette erano addirittura dei casi corredati da fotografie.
    Il sondaggio fu pubblicato come rapporto sotto l’egida dell’Istituto sul Plasma di Stanford nel gennaio 1977 (era stato però condotto nel 1975).
     
    Per raggruppare le osservazioni giunte a sua conoscenza, Sturrock usò alcune categorie che ricalcavano quelle del sistema di classificazione Hynek riproducendone però anche certi limiti[5]


  1. La prima categoria era quella delle “luci notturne” (in sigla NL). Comprendeva 35 casi. A sua volta essa era divisa in luci puntiformi, luci di dimensioni apprezzabili, luci viste sopra le nubi, dischi e forme varie. C’era pure un paio di casi in cui i presunti UFO avevano emesso dei frammenti ed uno con supposti effetti elettromagnetici. Ad ogni modo, si trattava sempre di esperienza avvenute in ore di buio.
  2. La seconda categoria (in sigla DO) era quella dei 16 “corpi diurni”. C’erano corpi di piccole dimensioni, poi “dischi” ed ancora corpi di forma varia.
  3. La terza categoria (abbreviata in PH) includeva ben sette casi fotografici o nei quali erano state prese misure fotometriche.
  4. La quarta specie era quella dei tre casi con rilevazioni radar (siglata RA) e la quinta, infine, quella del solo inseguimento di un UFO con l’ausilio di strumentazioni (TR).


In tutto sessantadue casi – tutti per opera di astronomi professionisti – verificatisi fra il 1948 ed il 1975, sempre negli Stati Uniti, con l’eccezione di quattro casi canadesi, due britannici ed uno a testa per Polonia e Cile.

Come si vede, in questo schema non fu utilizzata la categoria hynekiana delle osservazioni ravvicinate. In realtà, a ben vedere, nonostante la modestia numerica e malgrado si possa sostenere che Sturrock avesse dubbi su che cosa si dovesse intendere in concreto per “distanza ridotta”, fra le osservazioni del sondaggio alcune sembrerebbero avvicinarsi molto ad un concetto di questo tipo.

Ad ogni modo, ciò che colpisce in molti di questi episodi è che molti fra essi descrivono corpi strutturati o luci di dimensioni apparenti significative dal comportamento insolito. In altri termini, il coefficiente di stranezza medio delle osservazioni raccolte da Sturrock risulta abbastanza alto e comunque tale da potersi parlare di buona qualità delle testimonianze in confronto a quanto oggi perviene alla nostra attenzione dal pubblico generale.
Per esemplificare il contenuto dall’elenco ecco tre episodi.


a) Caso NL29. Intorno alle 21 di un giorno presumibilmente dell’autunno 1952, mentre un astronomo si trovava ad Albany, nello stato di New York e, ancora dilettante, scrutava il cielo dal giardino di casa con un piccolo telescopio, scorse un oggetto volante a forma di crescente, molto luminoso, bianco, dai contorni netti e dall’aspetto solido che si spostava in una zona del cielo sgombra da nubi con direzione da sud a nord. Doveva avere un diametro angolare pari a circa due volte quello della Luna. Il suo moto era assai rapido: da un punto quasi allo zenit, ad est, scese ad un’elevazione angolare di circa 20° in un tempo che dovette variare fra i quindici ed i trenta secondi. Il corpo era silenzioso e l’astronomo riuscì a puntare sull’UFO un binocolo a tre ingrandimenti, senza peraltro scorgere alcun ulteriore dettaglio. Notò solo che la superficie di esso sembrava “rugosa”.

b) Caso DO10. Mentre l’11 ottobre 1974 un astronomo americano si trovava nei pressi dell’osservatorio del Sacramento Peak, nel Nuovo Messico, alle 16.10 vide transitare in cielo ad una distanza che stimò da lui in non più di 400 metri un corpo grigio-argento opaco di dimensioni angolari pari a cinque o sei diametri solari che si muoveva in linea retta sullo sfondo delle nubi sino a quando, nell’ultima fase dell’osservazione, non virò verso l’alto, cambiando un po’ l’angolo di visuale permettendo così di vedere una zona più scura nella parte centrale. Infine il corpo accelerò e sparì verso l’alto. Malgrado distanza relativamente ridotta ed accelerazione rapida non si udì alcun rumore. Durante l’osservazione il motore del furgoncino su cui viaggiava l’astronomo ed il mangianastri che stava ascoltando cessarono di funzionare.

c) Caso PH7. Il 26 novembre del 1969, verso le 18.15, a Tucson, in Arizona, un astronomo che era appena uscito in giardino alzò lo sguardo verso il cielo. Era limpidissimo e si scorgevano le stelle sino ad un magnitudine di 4. Volgendosi gli occhi verso lo zenit notò un oggetto assai brillante (dimensioni stellari –3) che si spostava rapidamente verso ovest. Di colore rosso-arancio, ma assai più di quello di Marte, visibile in contemporanea a SO, l’osservatore ipotizzò potesse trattarsi di un satellite con un’orbita bassa, ma gli sembrava un po’ troppo veloce. Giunto a circa 30° di elevazione verso ovest il corpo rallentò fino a fermarsi. Rimase lì per due minuti indebolendo la sua luminosità per circa 30” ad una magnitudine –2. Poi tornò brillante ed allora da esso si staccarono due altri oggetti luminosi che scomparvero in caduta. Il corpo principale non fu più visibile per alcuni secondi. L’uomo tornò in casa per cercare di avvisare per telefono altre due persone, ma senza successo. Dopo cinque minuti, tuttavia, sua moglie scorse un altro corpo che dallo zenit si muoveva in direzione occidentale. L’astronomo finalmente riuscì a parlare con un’altra persona, che però per un fraintendimento sulla posizione non riuscì a vedere nulla. Tornato in giardino vide anche lui con sua moglie questo secondo UFO compiere in modo fedele gli stessi movimenti e tenere lo stesso comportamento del primo. Richiamò per telefono, ma ecco che un terzo corpo comparve in cielo, stavolta in una posizione un po’ diversa, ma con traiettoria e movimenti ancora paragonabili a quelli dei due precedenti. A questo punto l’astronomo prese una macchina fotografica Yashica 635 Reflex con sistema a due lenti (da 80 mm di focale), la regolò su un’esposizione di alcuni minuti e tornò fuori sedendo su una sdraio. Fece alcuni scatti di prova, ma preferì prendere un tripode. Intanto il terzo oggetto, al contrario degli altri due, non era sparito. Dopo aver “sganciato” i due corpi era di luminosità assai debole (+5) e dunque seguibile con difficoltà. Alle 18.45 comparvero insieme un quarto ed un quinto corpo simili agli altri. Effettuarono movimenti assai complessi ma diversi dagli altri. L’astronomo cominciò allora le lunghe esposizioni fotografiche che aveva programmato. Alla fine però tutti e due scomparvero – prima uno e poi l’altro – rilasciando corpi minori simili a quelli già descritti. Quest’ultima fase osservativa si concluse intorno alle 19. Tutta la complicata manifestazione era stata dunque seguita per circa 45 minuti. I due diversi rotoli di pellicola Kodak Verichrome Pan 120 furono sviluppati cinque giorni dopo da una macchina automatica presso il Lunar and Planetary Observatory dell’Università dell’Arizona. Dei sei spezzoni di pellicola esposti quattro mostrano gli UFO. Nel terzo, in particolare, si vedono le fase finali della manifestazione dell’UFO n. 2, inclusa la debole scia di uno dei due corpi minori rilasciati. Il quarto ed il quinto spezzone fanno vedere abbastanza bene gli UFO n. 3 e n. 5. L’ultimo mostra ancora quest’ultimo UFO insieme al pianeta Marte.


Il Rapporto Sturrock ricevette un’accoglienza inferiore alle attese  persino tra gli ufologi. In Italia si può ricordare il dono che J. A. Hynek ne fece nel maggio 1978, durante una sua visita nel nostro Paese, al suo collega direttore dell’Osservatorio astrofisico di Firenze-Arcetri, Giuseppe Tagliaferri (1924-1984)[4]. A riprova del fatto che costui ne fu colpito sta un episodio verificatosi parecchi mesi dopo. L’11 febbraio del 1979 la Rai-Tv trasmise un dibattito sul fenomeno in occasione di una puntata del programma televisivo “Acquario”, presentato dal giornalista Maurizio Costanzo. Il fisico delle particelle Antonino Zichichi (n. 1929)[5] svolgeva il ruolo del super-scettico sul problema. Ebbene, a parte l'ufologo Roberto Pinotti, a sorpresa Zichichi si trovò a confrontarsi con un Tagliaferri ben più pragmatico di lui. L’astrofisico si presentò in studio tenendo in mano la copia del Rapporto Sturrock che gli aveva dato Hynek, con varie annotazioni.


  • Cinque anni dopo, nel 1980, Gert Herb, oggi scomparso, esponente di una delle maggiori associazioni di astrofili degli Stati Uniti, insieme a Josef Allen Hynek pensò di rivolgersi agli astrofili del suo Paese per capire se anche loro ritenevano di avere delle testimonianze da offrire circa loro osservazioni di presunti UFO. Herb sperava che il sondaggio facesse il paio con quello che Sturrock aveva compiuto tra gli astronomi professionisti. Ebbene, per certi versi il sondaggio di Herb risultò assai più indicativo. Come nota l’Autore, gli astrofili di solito sono più abituati al cielo, in specie a quello visto ad occhio nudo, rispetto ai professionisti. Questi ultimi possono magari uscire all’aperto per una pausa durante una sessione di osservazione, ma gli osservatori professionisti passano il loro tempo lavorando ai telescopi, prendono foto e misurazioni e non usano più il telescopio per osservazioni visive. Gli astrofili di solito – o almeno era così negli Anni 70 – d’abitudine scrutano il cielo e di norma fanno molto lavoro per via ottica.


Con l’appoggio del Centro, Herb ottenne la collaborazione di tre gruppi ("Astronomical League", "Association of Lunar and Planetary Observers", "International Occultation Timing Association") e spedì migliaia di questionari ai membri di essi, cui risposero in 1805.


Herb era rimasto colpito da quanto Arthur C. Clarke aveva affermato nel suo libro “The Promise of Space” (Harper and Row, New York, 1968), secondo il quale gli astrofili non avevano mai segnalato degli UFO.  Clarke aveva domandato pure agli astrofili se pensavano che gli UFO esistessero “di sicuro o probabilmente”, “forse” o se non esistessero “probabilmente o di sicuro”.


Sebbene il 67% dei dilettanti pensassero che gli UFO esistevano di sicuro, probabilmente o forse, le risposte a questa domanda avevano un rilievo differente da quella “avete mai osservato un oggetto che non siete riusciti ad identificare, malgrado tutti i vostri sforzi”? Non si tratta di una domanda uguale a “avete mai visto un UFO”? Quest’ultima, e la prima domanda sul fatto se si creda o no agli UFO dipendono in buona misura dalla definizione che si dà di UFO. Visitatori spaziali, fenomeni naturali, ordigni di costruzione umana o cos’altro? Invece, la domanda se costoro siano riusciti o no ad identificare un oggetto è diretta e non ambigua.


Ecco le risposte alla seconda domanda posta nel questionario Herb:  dei 1805 membri delle varie organizzazioni che risposero alla richiesta, 427 avevano detto sì, ossia affermavano di aver osservato dei presunti UFO. Si trattava di più del 23% di coloro che avevano aderito al sondaggio.


Herb aveva anche ideato un sistema per rispondere ad un'ulteriore questione, ossia se tutti gli osservatori fossero attendibili in egual misura e quanta esperienza osservativa possedessero.

Per valutare l'attendibilità stabilì una scala che considerava alcuni fattori:

  1. il fatto che l’astrofilo tenesse con regolarità dei registri delle osservazioni;
  2. che seguisse un programma strutturato di osservazioni;
  3. che lavorasse in collaborazione con associazioni nazionali americane come l’ALPO, l’AAVSO, ecc;
  4. da quanti anni era attivo nell'ambito dell'astronomia amatoriale.

Così, Herb selezionò 261 “osservatori senior” che avevano ottenuto punteggi elevati in relazione ai criteri sopra elencati. Com’era da attendersi, la maggior parte degli appartenenti a questo gruppo erano membri dell’ALPO e della IOTA.

Gli osservatori senior, tutti assai abituati al cielo notturno, riferirono di 74 oggetti “che resistettero ai più ampi tentativi di identificazione”. Si trattava di una percentuale del 28%, più alta della frequenza di osservazione di qualsiasi altro gruppo.


Quanto alle differenze nell’esperienza segnalata, fu in quell'occasione che Herb ideò il suo sistema classificatorio, per i cui dettagli si rinvia alla relativa pagina.

Qui basti ricordare che Herb suddivise i rapporti ricevuti in cinque classi, secondo le traiettorie e le dimensioni angolari apparenti dei corpi.

Gli avvistamenti riferiti dagli astrofili decrivevano lucine nel cielo notturno, oppure c’erano avvistamenti fatti alla luce del Sole, o anche osservazioni ad alta stranezza? Qualcuno di questi fenomeni era stato fotografato attraverso un telescopio? Quante osservazioni furono fatte tramite binocoli?

Risultò che i più selezionati osservatori senior avevano riferito quattro osservazioni ravvicinate (ma nel totale erano molte di più), che 66 erano state fatte attraverso un telescopio, di solito dopo che l’oggetto era stato avvistato ad occhio nudo. Quaranta oggetti ulteriori erano stati visti solo col binocolo. Nel complesso, circa il 75% delle osservazioni che avevano lasciato perplessi gli osservatori erano state fatte con strumentazioni ottiche.

Sette oggetti erano stati fotografati: tre erano fonti puntiformi, uno era un oggetto esteso quasi a forma di uovo, ripreso tramite telescopio; un altro oggetto fu ripreso sei volte in rapida successione (era un corpo transitato sul disco di Saturno come una piccola Luna); un’altra foto fu quella di due oggetti simmetrici simili a nubi che si muovevano all’unisono. Quest’ultima era la foto di una “nube” che si spostava con rapidità ad intervalli irregolari, allontanandosi e riaccostandosi al Sole in un arco di 15°, più o meno lungo l’eclittica (la nube stessa era lunga 25°).


Nella loro valutazione dei risultati Herb ed Hynek fecero notare che la percentuale di casi che alla fine, dopo adeguate analisi da parte del CUFOS fu classificata come "non identificata" risultò più elevata delle aspettative.

Sebbene fosse plausibile pensare che gli astrofili che ritenevano di aver osservato fenomeni a più alto indice di stranezza fossero più propensi a riferirne, diverse considerazioni facevano comunque concludere che la proporzione, se raffrontata con i sondaggi allora disponibili relativi al tasso d'avvistamento nel pubblico generale americano ed anche con quello ottenuto nel sondaggio Sturrock (2,4%), risultava comunque "impressionante".

Nessuno fra gli astrofili, come del resto per il lavoro di Sturrock, segnalò ad Herb incontri ravvicinati del terzo tipo. A questo proposito, è possibile fare considerazioni di rango diverso: da un lato, la pressione sociale da parte dei colleghi e della società su una categoria in cerca di legittimazione scientifica come quella degli astrofili potrebbe rendere del tutto improbabile che, se osservato sul serio, un evento di questa natura sia menzionata in pubblico; dall'altro, nessun caso del genere è finora rinvenibile nel maggior sforzo catalogatorio delle osservazioni di astronomi ed astrofili esistente, il progetto Clear Skies.


Purtroppo, malgrado Herb avesse intenzione di preparare un compendio di ciò che fu riferito in ogni singolo caso ed intendesse pubblicare un catalogo ed un ampio rapporto sul suo lavoro, niente del genere sembra esser stato portato a termine. Herb morì non troppo tempo dopo lo svolgimento della ricerca e non è chiaro nemmeno se le carte relative al suo studio siano ancora accessibili[6].


Reperibilità delle testimonianze

Una circostanza interessante della questione è costituita dal tipo di fonti delle osservazioni di astronomi ed astrofili. Naturalmente, molte fra esse derivano dalla letteratura ufologica e da fonti d’informazione generale.

Tuttavia,  è ora chiaro che le collezioni delle riviste astronomiche e soprattutto astrofile rappresentano una risorsa di notizie le cui proporzioni sembrano essere notevoli.

Riviste come la storica testata francese "Comptes Rendus Hebdomadaires des séances de l’Académie de Sciences" e la belga "Ciel et Terre" per l’estero ne costituiscono buoni esempi. A partire dal 2006 controlli ancora non completi effettuati da vari membri del CISU sulle annate della storica testata dell’Osservatorio astronomico bolognese, "Coelum", uscita dal 1932, della rivista della Société Astronomique Française, "L’Astronomie" e dell’americana "Sky & Telescope" hanno rivelato, in specie nei primi due casi, un gran numero di segnalazioni di presunti UFO ad opera di dilettanti e pure di qualche professionista.

Le verifiche hanno appena sfiorato questo universo bibliografico ed anche con le migliori intenzioni è probabile che i controlli a portata di mano per gli studiosi di ufologia possano riguardare soltanto un certo numero di testate edite nei Paesi più ricchi e di più antica tradizione scientifica.

Nel descrivere le osservazioni in modo più o meno approfondito, queste testate non fanno quasi mai riferimento al nomignolo “UFO”, ritenuto impresentabile, o – per il passato remoto – a quello di “dischi volanti”. Quasi sempre, soprattutto in certe fasi, quando le notizie erano più fitte, queste cose inclassificabili erano raccolte sotto vere e proprie rubriche, magari sotto le definizioni anodine di objets supects o di strange meteor e così via.

L’evidenza mostra che, se si trovano in una cerchia culturale a loro consono astronomi ed astrofili non esitano a riferire osservazioni di possibili UFO. Quel che pare contare, per loro, è che seppur con difficoltà, esse siano inquadrabili almeno per ipotesi in schemi di tipo naturalistico.

Soprattutto è importante che, se non a fini retorici, non compaiano richiami ad “UFO” e categorie ad essi assimilate.

Dagli anni 80 in poi, almeno in Italia si sono rivelate dei buoni canali di circolazione di queste notizie le rubriche di corrispondenza dei lettori di riviste specializzate quali "Coelum Astronomia", "Le Stelle", "L’Astronomia", ecc., senza trascurare che un certo numero di casi compare in forum telematici e newsgroups di astronomia, senza alcun legame specifico con l’ambiente ufologico e con quanto ad esso fa riferimento.

Anche pubblicazioni scientifiche non strettamente astronomiche o comunque di divulgazione scientifica riservano probabilmente parecchie sorprese.

In conclusione, già da sola, un’analisi dell’evidenza bibliografica esistente e riferita a pubblicazioni di ambito astronomico più o meno divulgativo è sufficiente per portare un duro colpo all’assunzione “dove astronomi, lì niente UFO".

Studi e progetti sulla questione

Sebbene nel passato siano apparse varie rassegne relative sia ad avvistamenti sia a valutazioni degli atteggiamenti assunti nei confronti del problema, sia a tentativi di sondarne la disponibilità - invariabilmente del tutto assente o assai claudicante -  ad occuparsi in qualche misura del problema, il solo progetto sistematico di studio sul rapporto tra fenomeni UFO, astronomi ed astrofili che risulta attivo è Clear Skies del CISU.

Cause di equivoci negli avvistamenti

Nessuna categoria di testimoni e nessun singolo testimone è al sicuro dal rischio dell’equivoco. Per quanto le osservazioni di astronomi ed astrofili siano interessanti e, parrebbe da alcune risultante del progetto Clear Skies, portatrici di una quantità di dati utili superiore alla media dell’universo della casistica, occorre dire che si possono indicare delle cause di errori abbastanza frequenti. 

  • Satelliti artificiali – Talmente ampio è il numero di questi ordigni che gli errori o perlomeno i dubbi da parte di avvistatori anche avvezzi come i nostri non possono essere eliminati. Ce ne sono molte migliaia e non sempre è possibile subito ricondurvi luci puntiformi o no viste passare nel cielo notturno. In particolare, nei primi anni dell’era dell’esplorazione spaziale, a partire dal 1957, la possibilità di avere dati orbitali in tempo reale e le incertezze sulla quantità di satelliti davvero orbitanti era tale da far aguzzare lo sguardo in maniera particolare.
  • Gli Iridium – Dal 1999 alcuni tipi particolari di satelliti artificiali, gli Iridium, hanno generato, soprattutto quando erano ancora poco noti, alcune osservazioni. Ora è più difficile che accada, perché tutti gli studiosi sanno di che cosa si tratta, però il transito di satelliti continua ad essere almeno in più di un’occasione il motivo più plausibile di errore. Possono ancora lasciare sorpresi anche gli esperti, i fenomeni di brillamento che si producono sulle grandi “ali”, che poi in realtà sono antenne, di questo tipo di satelliti per telecomunicazioni.
  • Satelliti NOSS - Ancora più insoliti, se vogliamo, le luci disposte a triangolo che sono state qualche volta segnalate con sorpresa da alcuni astrofili. Si tratta di satelliti militari americani che appunto perché orbitano in gruppi di tre danno origine a queste formazioni che sono state definite “triplette NOSS”.
  • Lanci di razzi e missili - In specie tra la fine degli Anni 50 e la metà degli Anni 70 del secolo scorso, in molte parti del mondo furono effettuati lanci di razzi-sonda destinati ad esplorare le fasce più alte dell’atmosfera. Non solo gli scarichi gassosi, ma soprattutto le nubi di gas luminosi (in specie di bario) che erano liberate per studiarne le interazioni con le particelle cariche presenti in quegli strati atmosferici provocavano fenomeni visibili anche a molte centinaia di chilometri dal punto di lancio. Capitò a parecchi astrofili di rimanere perplessi davanti a questi eventi e di descriverli in varie sedi. In qualche rara occasione si trattò (e si tratta ancora) dei gas di scarico di vettori in viaggio verso lo spazio. Fu il caso del lancio, il 21 dicembre 1968, dell’Apollo VIII, che fu seguito con sorpresa anche da studiosi del cielo del nostro Paese, oltre che ad esempio da alcuni che si trovavano in Francia, in Marocco ed in Serbia.
  • Difetti fotografici – L’impiego da sempre elevatissimo dello strumento fotografico, le peculiarità del suo utilizzo in campo astronomico, i tempi di posa elevati utilizzati e la quantità di equivoci possibili rende quasi sinonimi le registrazioni di presunti UFO fatte in questo modo e il lavoro d’interpretazione di esse. Se il numero di riprese è elevato, non c’è dubbio che assai spesso si tratta di immagini scattate attraverso telescopi, senza che nulla sia scorto ad occhio nudo. Si tratta di un’evidenza tanto interessante quanto delicata da maneggiare.
  • Cause astronomiche – Il numero di casi spiegabili con equivoci concernenti pianeti, stelle e bolidi è molto basso, ma va chiarito che rispetto alla frequenza con cui simili cause ricorrono nella popolazione generale, stavolta l’ordine di grandezza è assai inferiore. Un esponente del CISU ha condotto nel 1983 un’inchiesta in cui dovette faticare per convincere degli astrofili italiani che ciò che avevano visto il 6 giugno di quell’anno era un bolide assai appariscente e non qualcosa di misterioso.
  • Falsi – Se è davvero difficile pensare che un astronomo professionista s’inventi di aver visto un UFO, pure esiste qualche raro caso in cui certi astrofili potrebbero aver raccontato in maniera dolosa cose non vere. Non va dimenticato che, pur in un crescente processo di professionalizzazione, gli astrofili sono dei dilettanti. Fra di loro potrebbero esserci – e ce ne sono – appassionati di extraterrestri e portatori di credenze insolite sullo spazio e sulla scienza. Qualche volta, dunque, bisogna purtroppo ammettere che è stato necessario registrare circostanze spiacevoli di questo genere.

Fonti e note

  1. Noi e il cielo, a cura dell’UAI, Televideo RAI, pagina 575/2, rilevata il 2 dicembre 2006
  2. Grant, John (2006). Discarded Science. Ideas that seemed good at the time. Facts, Figures & Fun
  3. Bonilla, José Arbol y (1885). Passage sur le disque solaire d’un essaim de corpuscles, vu à l’Observatoire de Zacatecas (Mexique). Bulletin de la Société Astronomique de France. 4. settembre. 347-350
  4. Hynek, J. Allen (1952). Special Report on Conferences on Unidentified Aerial Objects To Air Technical Intelligence Center - Wright Patterson Air Force Base, August 6, 1952. In: Steiger, Brad (a cura di) (1976). Project Blue Book. New York: Ballantine Books. 268-285
  5. Sturrock, Peter A. (1977). Report on a Survey of the Membership of the American Astronomical Society concernine the UFO Problem, SUIPR Report No. 681, Institute for Plasma Research – Stanford University. Stanford (California): Stanford University. gennaio.
  6. In origine gli esiti del sondaggio furono pubblicati nel numero dell'autunno 1980 della rivista CUFOS Newsletter. In italiano: Herb, Gert & Hynek, J. Allen (2006). Astrofili e fenomeni UFO. UFO – Rivista di Informazione Ufologica. (34). dicembre. 19-21